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Il Nosos

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Aprile 2020, città di Lucca, 

esterno giorno, 

parla il Nosos

Nosos è malattia che non chiede aiuto: no sos.

Parlo in terza persona di me,

non do mi do mai del tu, io.

Il disagio invisibile, il contagio virale – dell’uomo – 

che ostinatamente si disinteressa a tutto 

se non agli eccessi del nulla.

L’uni-verso è il giusto verso

ma lo trovate mai – il verso –

nel teatro delle vostre ridicole, stomachevoli pochezze?

Questo tempo selvatico ha ridisegnato la geografia della città

e in parte anche delle persone

non la loro storia

gli occhi non si sono fermati nel perimetro stretto

fermi al divieto di accesso

hanno praticato l’eccesso dell’immaginazione

che quando un manubrio di bicicletta con un campanello

che trilla nella strada deserta ti dice dove va

dove vuole andare

anche se a caso

allora puoi volare

anche nel restare  a casa

con lo spirito che ha piedi nudi

e le ali ai piedi

scalzi.

Sulle pietre, lungo le linee.

Lasciando che le linee si scoprissero

come le ossa sotto la carne magra

costole e femori a cielo aperto

abbiamo lasciato di nuovo la porta aperta

mentre chiudevamo botteghe e salotti.

E la finestra accostata per sentirci piano

mentre apparecchiamo le nostre paure

o il rosario sgranato delle spunte di wattsapp

con la sacra geometria delle possibilità

e il non dirsi “ti amo”
abrogato dalla legge nascosta del risultato probabile.

Forse potresti pensare che c'è qualcosa di sbagliato.

Ti sbagli.

Siamo propensi ad assegnare agli altri i nostri pensieri

A pensare che gli altri pensino ciò che noi pensiamo

Questo è un vecchio pensiero sfrattato

Dentro un anfratto

Una via deserta

Perché disabitiamo le abitudini

E nel farlo generiamo nuovi mondi

Un mondo segreto

Che già conoscevamo

Ogni nuovo desiderio è un ordine

ogni nuovo ordine è un desiderio

Fedele alla realtà

Tutti dicevamo di sentirti in un film surreale

sbagliato

il surrealiasmo distrugge l’evidenza dell’evidenze,

dove  l’immagine è soprattutto pensiero.

Il viaggiatore, no. E chi con lui.

La prende così com’è.

Gli oggetti, le persone che ritrae, i luoghi

un realtà riconoscibile eppure diversa, inedita.

Un rapporto poetico con la realtà

Ci siamo scoperti più capaci di morire

che capaci di vivere

L’impressione di poter salire sui campanili, 

arrampicarsi sulle torri e adattare il pensiero a quell’ampiezza è risultato difficile.

Avete bisogno dei vostri confini, dei vostri limiti, delle linee che guidano la prospettiva e sono un punto di fuoco per le vostre abitudini: simulacri di passioni.

Avete bisogno che io io vi stringa

Vi disagi, vi chiuda e rinchiuda nelle confortevoli sconfortezze

E ora che la quarantena ne ha fatto teatro

Siete stati liberi, più liberi di sentire

Di conoscere, pensare e capire.

Nosos è l’imperatore

E voi l’avete finalmente visto nudo. 

Eccolo lì, l’imperatore è nudo.

E sai cosa?

Ora che lo sa ci resta – nudo –

E voi  più liberi.

Perché è bellissimo.

Testo a cura di Debora Pioli